sabato 30 gennaio 2016

The Hateful Eight: Recensione


Prima di iniziare con questa recensione, ci tengo a ringraziare di cuore la mia ragazza. È solo grazie a lei se son riuscito a poter vivere l'esperienza di The Hateful Eight nella maniera voluta da Quentin Tarantino. La Cineteca di Bologna è infatti una delle due uniche sale ad aver potuto proiettare in anteprima la versione Director's Cut in 70mm dell'ottavo film dell'eccentrico regista. Quindi le devo davvero tanto per avermi dato la possibilità di poter sfruttare al volo quest'occasione.
Non entrerò ulteriormente nei dettagli, preferendo passare alla recensione vera e propria.



The Hateful Eight è un film che va visto categoricamente all'interno di una sala cinematografica. Sia chiaro, non vi sto dicendo che sia fondamentale il formato 70mm. È vero è quello scelto dal regista, quello con cui consiglia la visione, ma dato che per coloro che stanno leggendo questo articolo e non avranno avuto modo di vederlo il 29 Gennaio in una delle 2 sale italiane appositamente attrezzate sarà praticamente inaccessibile, non lo ritengo come un elemento imprescindibile, specie se non siete dei cultisti della settima arte (sopratutto pensando al fatto che quelli che vengono esaltati sono gli esterni, in larga minoranza nell'economia del film). Quello per cui è fondamentale la visione in sala sono i trucchetti utilizzati da Tarantino per giocare con la tensione, con addirittura l'intervallo studiato per essere una parte integrante dell'esperienza, con il suo minutaggio adeguato alla narrazione. Insomma una serie di trucchetti che purtroppo non saranno usufruibili da tutti, specie in alcuni multisala.
Altro problema della versione che sarà disponibile a partire dalla prossima settimana è certamente la questione "tagli". Quella da me visionata è la versione Director's Cut, con tanto di "Overture" e scene che al contrario non saranno presenti nell'altra. Quindi non stupitevi se alcune cose che dirò potrebbero non corrispondere alla vostra futura esperienza.



Hateful Eight rispetta tutti i pronostici, un western alla Tarantino, claustrofobico e teso, che con
soltanto due set interni ed uno esterno regge serenamente le 3 ore della narrazione. Questo grazie ad una regia dinamica e capace di adattarsi ai mutamenti di registro narrativo con estrema naturalezza, grazie ad una colonna sonora efficace e curata alla perfezione dall'intramontabile Ennio Morricone, in grado di sottolineare sia i momenti bi distesi che quelli più tesi e ricchi di patos, sino ad arrivare al cast, dove spiccano Samuel L. Jakcson, Kurt Russel, Jennifer Jason Leigh e Walton Goggins. Ma non solo.

Questa pellicola è infatti una specie di reunion per buona parte dei pupilli del regista. Troviamo infatti Tim Roth e, sopratutto, Michael Madsen. Fa anche piacere vedere come Channing Tatum nel corso degli anni si stia imponendo sempre più che figura di punta di Hollywood dopo un inizio da star per ragazzine che non lasciava presagire che un futuro da meteora usa e getta.
Altro elemento fondamentale nell'economia della trama e nel suo evolversi è sicuramente il cambio di
registro narrativo che muta con il passare dei minuti in maniera graduale sfruttando anche l'inserimento di elementi come un narratore esterno e flashback nella seconda metà (ritorna così prepotentemente l'importanza dell'intervallo che, oltre a dividere in due tronconi ben distinti la storia favorisce, con una tempistica perfetta, la gestione del pathos nello spettatore).

Insomma, Hateful Eight, come già detto, è un film da vedere, e sopratutto da vedere in sala, che saprà intrattenere sopratutto gli amanti del buon cinema come forma d'arte ma che potrebbe far storcere il naso a coloro che cercassero in questo film del puro e semplice intrattenimento data l'accelerazione graduale del ritmo e la durata stessa della pellicola.



giovedì 28 gennaio 2016

That Dragon, Cancer: Un prodotto "di cattivo gusto"


Ho da poco completato la mia esperienza con That Dragon, Cancer (titolo da me bramato spasmodicamente ed inserito nella mia Top dei più attesi del 2016), e mentre scrivo quella che sarà la recensione vera e propria per I Love Videogames, ho deciso di buttare giù queste due righe, più personali e meno inquadrate su questo fantastico progetto.

venerdì 22 gennaio 2016

Nuova stupenda figure per Fallout 4



Direi che ormai è chiara la mia passione per il brand Fallout, tra Unboxing, premiazioni in varie top e video, e tanto altro ancora. Forse è meno nota la mia passione per armature e corazze, ma fidatevi, io nei giochi di ruolo prendo praticamente sempre personaggi che possano ottenere le armature più fighe e massicce.
Capirete perché quindi, mentre scrivo questo post, io stia sbavando copiosamente.

venerdì 15 gennaio 2016

Spunta un trailer per 10 Cloverfield Lane: sequel/spin-off di Cloverfield



E quasi totalmente a sorpresa è stato rilasciato poche ore fa il primo trailer per 10 Cloverfield Lane, quello che dovrebbe essere un sequel, o meglio uno spin-off, del caro Cloverfield.

Il produttore del film, la vecchia volpe JJ Abrams, ha confermato tramite Twitter l'annuncio, affermando che era un'idea in ballo già dai tempi della produzione della pellicola originale, ma che era necessario mantenere la massima segretezza sul titolo.

Ora io sono stato un grande amante dell'opera originale, ma sono allo stesso tempo più che contento del cambio d'impostazione registica del progetto. Ma per un motivo puramente filosofico. 
Il motivo per cui il Found Footage nel primo film si è rivelato una scelta vincente (purtroppo non apprezzata dal pubblico di massa), è quello di esaltare un punto di vista, quello dei ragazzi, che non è onnisciente, ma limitato all'esperienza personale dei personaggi, completamente ignari della situazione ed in balia degli eventi.

Qui invece ci troviamo palesemente di fronte ad una realtà differente, già fortemente segnata da una qualche calamità (mostri ovviamente), ed è quindi sensato optare per una direzione registica più classica (vista anche l'esperienza acquisita da Matt Reeves con Apes Revolution) che possa esaltare certi ambienti e certe azioni in maniera differente da quanto fatto in precedenza.

Poi ovviamente il cast, con John Goodman in testa e Mary Elizabeth Winstead (Ramona Flowers in Scott Pilgrims vs. The World) a seguire, promette sin da subito grani cose.

La cosa ancora più elettrizzante è che il trailer fornisce una data, estremamente prossima: 11 Marzo...di quest'anno!
Mi chiedo, varrà anche per noi? O ci sarà da aspettare di più?
Incrociamo le dita e speriamo che arrivi il prima possibile!





mercoledì 13 gennaio 2016

I Titoli Più Attesi del 2016


La gestazione di questo articolo è stata lunga e travagliata. Durante la scrittura degli speciali della redazione di I Love Videogames (tra TOP 2015 e più attesi del 2016) ho pensato di crearne uno mio in questo Blog, ma scriverlo è stato più complicato del previsto. Non per una qualche difficoltà intrinseca ma per la mia incapacità deicisionale che mia ha portato ad inserire continue modifiche a quello che doveva essere una Top 10, poi Top 15, Top 20, Top 25 fino a pensare "E se li mettessi tutti in ordine alfabetico?" Be eccoci qua con la mia lista abbondante di giochi che aspetto con maggior ansia di questo 2016!


lunedì 4 gennaio 2016

Zalone Wars: Il Risveglio del Box-Office


L'uscita al cinema di "Quo-Vado", e relativo successo assoluto al botteghino, hanno causato una serie di campagne d'odio nei social network nei confronti dell'ultimo lavoro di Checco Zalone, colpevole, a detta dei tantissimi "esperti cinematografici della domenica", di aver causato la MORTE DEL CINEMA. 
Accusa pesante devo dire, ma quale sarà la causa?
Molto semplice. Come prevedibile, il primo Gennaio, Quo Vado ha sbancato il botteghino nostrano (ed inaspettatamente non ha però oscurato "Il Piccolo Principe" che ha segnato un tutto esaurito in diverse sale) arrivando al punto di battere, e non di poco, quanto fatto da Star Wars VII. 

Ora ragazzi, un piccolo consiglio, prima di sparare certe sentenze, pensateci 10 secondi. E poi, se resterete dello stesso avviso... STATEVENE ZITTI!

Andiamo con calma.
L'ipotesi della morte del cinema parte da un assunto sbagliatissimo derivante solo dalla nomea di una saga e dal fatto che l'altro contendente al trono del Box Office Nostrano faccia parte di una categoria, i cosiddetti cinepanettoni, che fa rabbrividire l'utenza al solo sentirla nominare. Ecco, qui si denota, sin da subito, l'ignoranza di chi spara a zero sentenze così ridicoli.
Abbiamo appunto Star Wars Episodio VII, il film più atteso dell'ultimo decennio, con una campagna marketing mastodontica, e che ho deciso di non recensire poiché, da fan ventennale della saga, sarei eccessivamente influenzato ma che a conti fatti si dimostra un buon prodotto, godibile ma non imprescindibile culturalmente parlando. Insomma un blockbuster ben confezionato, ma nulla di cinematograficamente assurdo (non amo utilizzare i classici voti in decimali, ma sono comodi per dare un quadro chiaro all'utenza che vuole tutto e subito, e quindi, parlando de "Il risveglio della Forza", direi che siamo sul 7,5). 
Dall'altra parte abbiamo una commedia italiana contemporanea. La pellicola più attesa dagli esercenti per il periodo invernale nostrano e, sopratutto, un film che non ho visto. E che non solo io non ho visto, ma che il 95% dei lamentanti non ha visto.

Ma, poiché parliamo di un cinepanettone ( con un'accezione diversa da quella originale, non certo "Commedia italiana in uscita nel periodo natalizio/invernale"), tra l'altro quarto esponente della produzione "zaloniana", allora dobbiamo bollarlo subito come il male in Terra, specie per aver osato surclassare il successo del blockbuster del secolo, che in quanto Blockbuster del secolo è o un capolavoro assoluto o un flop colossale, a seconda delle vostre inclinazioni filosofiche (niente vie di mezzo). Se fate parte della prima categoria, molto probabilmente siete anche tra coloro che hanno preso parte a questa campagna """""d'odio""""" idiota secondo la quale Checco Zalone sta uccidendo il cinema perché ha avuto un'esordio migliore di Star Wars.

Volete sapere cosa sta uccidendo il Cinema? Le sale che si vanno pian piano a svuotare e che respirano grazie a questi Blockbuster (in tutte le declinazioni possibili del termini), lo streaming che prende sempre più piede (che permette anche di avere accesso a titoli quasi irreperibili per un motivo o per un altro, ma che ovviamente permette di poter vedere in contemporanea film ancora in sala), la mancanza di coraggio ed iniziativa da parte delle grandi case di produzione che spesso bocciano prodotti validi ed originali o li portano ad una trasformazione tale che porta allo svilimento di molti progetti che vengono così adattati ad un mero discorso di esigenza di mercato. Molte sono le possibili cause ma tra queste non rientra certamente una commediola italiana che, in madre patria, incassa di più di un Blockbuster.

Quo Vado è un brutto film? Non lo so. E sinceramente per una questione economica e logistica non so se sarò in grado di vederlo in sala, quello che so per certo è che The Force Awakens non è un capolavoro tale da poter giustificare questo tipo di stupide critiche. 

Il Piccolo Principe: Quando si cresce male


Devo essere sincero, prima della visione del film ero convinto che la prima recensione dell'anno sarebbe stata semplice, serena, e invece, qualcosa è andato storto.
Tutto ciò che c'era dietro alla realizzazione di questo lungometraggio dedicato al Piccolo Principe lasciava più che ben sperare. Partendo dalla casa di produzione, la neonata Orange Studio, che era riuscita a catturarmi con il suo precedente, e primo, lavoro : Mune.
Inoltre, sorpresa tra le sorprese, nonostante l'uscita in simultanea con il nuovo film di Checco Zalone, le sale della mia zona, per due giorni di fila, hanno fatto registrare il tutto esaurito anche per la pellicola diretta da Mark Osborne (Kung Fu Panda).
Infine, i trailer mostravano sì il fianco a qualche sospetto, ma surclassato dalla meraviglia creata dalle sequenze tratte dal libro realizzate in una tecnica mista che unisce stop-motion, carta velina ed un tocco di animazione digitale.
Ogni sogno però finisce con l'infrangersi contro la realtà, a quanto pare, e una volta usciti dalla sala ciò che resta è un senso di vuoto, di mancanza, di qualcosa che poteva essere molto di più ma così non è stato, arrivando al punto di rimpiangere il fatto che questo non sia un pessimo film in toto, ma minato in maniera irreversibile da un quasi unico ma pesantissimo problema.


I PROBLEMI DEL FILM SONO LEGATI ALLA SCENEGGIATURA, PER CUI, NONOSTANTE CERCHERO' DI EVITARLI IL PIU' POSSIBILE, POTREBBERO ESSERCI ALCUNI SPOILER ABBASTANZA IMPORTANTI.



Come detto, l'ultima trasposizione cinematografica dell'opera di Antoine de Saint-Exupery, non è un brutto film anzi, ci troviamo di fronte ad un ottimo prodotto per bambini che dà il meglio di sé nella prima metà della pellicola. Ciò che lo va a minare dalle fondamenta è proprio quel concetto stesso "prodotto per bambini" che cozza terribilmente con quello che è il messaggio di fondo del romanzo originale. Nonostante questo fosse già stato messo comunque in conto dal sottoscritto, niente l'avrebbe potuto preparare a quanto di brutto il secondo tempo aveva in serbo per gli spettatori. Ma andiamo con ordine.

La protagonista del film, Prodigy, vive con sua madre all'interno di un mondo quasi Orwelliano in cui diventare adulti significa diventare schiavi del lavoro, grigi e incapaci di godere di tutto ciò che di buono la vita ha da offrire. Un imprevisto nei piani di madre e figlia spinge le due a trasferirsi in una casa accanto ad un bizzarro vecchietto, l'aviatore. Dopo un primo incontro a dir poco traumatico, Prodigy inizia a legare con il tenero vegliardo che le darà modo di imbarcarsi in una magica avventura seguendo il viaggio del Piccolo Principe.



Ecco questa è la sinossi del film, che si muove, nel corso del primo tempo (e per l'inizio del secondo) su due binari: il mondo "reale", frenetico, monocromatico, molto "quadrato" e governato da ritmi incessanti e ben scanditi ed un altro onirico e surreale, quello del racconto. Artisticamente quest'ultimo è una perla, grazie alla tecnica di cui parlavo poc'anzi, Osborne esalta il tutto con una regia che si adatta ai due piani del reale, spaziando tra riprese a volo d'uccello per enfatizzare la schematicità del mondo di della bambina e inquadratura più variegate per le scene tratte dal romanzo, amando spesso insistere su delle inquadrature centrali per mettere il risalto un confronto (la casa dell'aviatore e quella della protagonista) o un momento di forte Pathos.
Ottimo anche il lavoro fatto con le ombre animate legate alla fantasia della bambina, o la sequenza rallenty all'interno del vecchio macinino del bizzarro mentore.

A non mancare è senz'altro l'ironia, mai forzata e legata sempre ad un contrasto tra un piano reale soffocante ed uno più affine al mondo del fantastico.

Sono rimasto anche piacevolmente colpito dal comparto sonoro, leggero, mai invadente ed adatto alle varie circostanze. Ciò che però mi ha davvero stupito è il fatto che a dirigere le danze ci fosse Hans Zimmer, compositore monotematico per eccellenza che però qui si è dimostrato capace di riadattarsi al diverso tipo di prodotto.




Piacevole sorpresa è stato anche il cast di doppiatori nostrani (quasi tutti, Pintus e Siani non voglio considerarli) composto da attori talentuosi e azzeccati tra cui Tony Servillo, Alessandro Gassman, Stefano Accorsi,Giuseppe Battiston e molti altri ancora.

Qui però purtroppo termina ciò che di buono "Il Piccolo Principe" ha da offrire. 
La sceneggiatura è stata purtroppo legata alle esigenze di mercato in maniera fin troppo netta, finendo con il morire, letteralmente, nella seconda metà.
Abbandonato infatti ogni legame con il materiale originale il film inizia a prendersi troppe libertà sfociando nel banale e nel ridicolo e sopratutto uccidendo letteralmente quello che è il messaggio di fondo del libro.
Resta ovviamente il tema della crescita, ma dove Inside Out riesce ad offrire un punto di vista maturo ed affascinante, il film di Orange Studio si perde in un bicchiere d'acqua tirando fuori una terza linea narrativa completamente in contrasto con il romanzo, e tirata fuori dal nulla, che vede come antagonista l'Uomo d'Affari e sopratutto un Piccolo Principe adulto e totalmente imbecille.
Ora, capiamoci, passi che questo è ovviamente frutto dell'immaginazione della bambina (il peluche della volpe è l'unico vero tocco di qualità di questa parte), passi che il messaggio del libro è rivolto agli adulti e che qui qualcosa sarebbe stato per forza cambiato, ma rendere l'uomo d'affari un cattivo (quando non lo è mai stato) e, sopratutto, far crescere il Piccolo Principe, è un'errore gravissimo, è la negazione assoluta del concetto originale dell'opera. 
Sarebbero state possibili tantissime altre strade, sarebbe stato possibile aumentare il minutaggio delle parti in tecnica mista (sono assenti molte parti importanti del libro per favorire questa seconda parte), sarebbe stato possibile semplicemente lavorare sulla ricerca del principe e lasciarlo tale e quale, sarebbe stato possibile fare molto altro ancora. Ma come sappiamo, uno studio giovane, ha spesso le mani legate dai produttori, ed è spesso necessario scendere a compromessi per ottenere il via libera di un progetto, a volte snaturandolo e a volte mortificandolo.

Eppure non mi sento di bocciare del tutto neanche questa, allucinante, seconda metà. Alcune sequenze ben realizzate ci sono anche per quanto concerne la narrazione e di tanto in tanto l'art direction e la regia riescono a mettere almeno qualche toppa qua e là.





Insomma, questa trasposizione cinematografica del Piccolo Principe è un brutto lavoro? No, la regia, le musiche, la direzione artistica sono di buono livello (se non anche di più in alcuni frangenti). È una delusione? Sì, snaturare i concetti basilari dell'opera originale per piegarsi a delle esigenze di mercato troppo soffocanti è un qualcosa che va a minare nelle fondamenta quanto di buono il progetto aveva da offrire.

Come detto però voglio comunque consigliarvi (con le dovute cautele) questo film, grazie al doppiaggio italiano in gran parte di alto livello, alla regia e alle sequenze in tecnica mista, il film è godibile. Inoltre, Orange Studio è una società d'animazione giovane e dall'enorme potenziale che ha forse peccato di troppa presunzione dopo i buoni risultati del primo lavoro lanciandosi così in un progetto forse troppo grande per le attuali possibilità (sopratutto economiche) del team e finendo con il proporre qualcosa di concettualmente interessante ma che va a perdersi in un bicchier d'acqua.

Insomma sappiate che, una volta entrati in sala e superata la prima metà della pellicola quello che vi troverete di fronte non sarà più "Il Piccolo Principe", ma qualcos'altro. Non per forza qualcosa di brutto, ma certamente più adatto ad un pubblico di bambini.